L’attenzione della comunità piombinese per il Circolino è giustificata dalla memoria di ciò che ha costituito per la vita culturale e sociale della città, e sono frequenti le richieste per una sua ristrutturazione, riapertura e valorizzazione. Un interesse legato anche alle potenzialità che offrirebbe il riuso, in collegamento con i percorsi di valorizzazione della città e del suo ricco patrimonio industriale. Ricordiamo che nel 2019 l’Archivio storico della città di Piombino ha recuperato l’importante archivio delle Acciaierie di Piombino che giaceva abbandonato all’interno dello stabilimento.
Lavorare sul Circolino significa rimettere al centro della narrazione locale un luogo che al momento è “periferico”, rendendolo visibile. Ogni azione di questo progetto va letta all’interno di una cornice interpretativa specifica in cui vi è il tentativo di privilegiare la memoria esemplare, per poter agire sul presente e poter colonizzare il futuro. Le persone, i racconti, gli accadimenti, i testi e i media che intendiamo includere nel progetto, possono contribuire a narrare ciò che è stata Piombino, quello che appare nel presente e ciò che diventerà nel futuro.
«Narrare è l’azione di chi racconta l’azione, e di chi ne ascolta la storia: l’azione raccontata viene messa in comune» (Jedloswi).
Piombino è immersa in un viaggio faticoso, ma necessario da compiere, consapevole che il futuro va immaginato, costruito, comunicato, ridefinendo la propria identità con la duttilità e la resistenza proprie del tanto amato e odiato acciaio. Ecco allora che il “Circolino” può essere uno spazio di rigenerazione urbana strategico ma anche identitario, uno spazio di cui i cittadini si riappropriano per poi utilizzarlo in modalità “ibrida” (o polifunzionale, per così dire); uno spazio che può diventare il primo di una serie di interventi su altri luoghi “periferici” della città.

Dall'archivio fotografico Fondazione Dalmine, pubblicato su …:
1960, Cerimonia di assegnazione di borse di studio agli studenti meritevoli